I guai del Senegal e di Youssou N’Dour
Che cosa succede nel paese dopo l'esclusione del cantante dalle elezioni presidenziali
Il Senegal è un’eccezione nell’Africa nordoccidentale. Nei suoi oltre cinquant’anni di indipendenza non c’è mai stato un colpo di stato, ed è considerato uno dei paesi dalle istituzioni democratiche più solide, mentre intorno paesi come Liberia, Costa d’Avorio e Sierra Leone hanno tutti conosciuto lunghe e sanguinose guerre civili e periodi di instabilità politica più o meno prolungati. Ma nel 2012 si terranno nel paese le elezioni presidenziali, e dopo oltre dieci anni di governo dell’anziano presidente Abdoulaye Wade, 85 anni, la situazione sembra incerta e preoccupante.
La popolazione del Senegal è sempre stata molto fiera dei suoi risultati di stabilità e democrazia, ma non è rimasto immune a casi evidenti di sprechi e corruzione: tra i più recenti, una gigantesca statua di bronzo alta 50 metri, costata oltre 25 milioni di euro e inaugurata nel 2010, dedicata dal presidente Wade ai 50 anni di indipendenza e al “rinascimento africano”. Foreign Policy la inserì al primo posto in una lista delle “statue più brutte del mondo”. Dopo molti anni in cui le istituzioni internazionali hanno donato volentieri al paese milioni di dollari in piani per costruire scuole, ospedali e infrastrutture, i rappresentanti del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale hanno criticato duramente, negli ultimi mesi, il modo in cui il governo ha gestito l’aumento dei prezzi dei beni alimentari. Anche se il PIL del paese è triplicato in poco più di dieci anni e la capitale Dakar è al centro di grandi progetti edilizi (in parte finanziati dalle monarchie del Golfo, con il Qatar in prima fila), l’aspettativa di vita è di soli 56 anni e il PIL pro capite resta di poco superiore ai mille dollari annui.
I fondi internazionali e degli investimenti stranieri sembrano aver aumentato la ricchezza di pochi, mentre le prossime elezioni stanno portando il paese a una crisi politica e sociale di cui non è ancora chiara la gravità. Dopo 40 anni di dominio del partito socialista, dal 2000 il presidente del Senegal è Abdoulaye Wade, leader del Partito Democratico Senegalese, che è stato eletto dopo oltre 25 anni di opposizione. Rieletto nel 2007, aveva promesso che avrebbe abbandonato la carica dopo il secondo mandato, ma lo scorso anno ha annunciato che si ricandiderà, un annuncio che aveva causato pesanti proteste nel paese. La Costituzione prevede un limite di due mandati per il presidente, ma venerdì 27 gennaio la Corte costituzionale ha deciso che la norma non si applica a Wade, dato che è stata introdotta quando il suo primo mandato era già in corso. La Corte ha escluso Youssou N’Dour dalla competizione elettorale, dicendo che molte firme raccolte per presentare la sua candidatura erano irregolari.
Il cantante senegalese, infatti, aveva annunciato a novembre scorso che si sarebbe candidato, e che avrebbe sospeso completamente la sua carriera musicale per entrare in politica, con il suo movimento Fekke ma ci Boole, che significa “Sono un testimone, quindi reagirò” nella lingua più diffusa del paese, il wolof. In Senegal, N’Dour (che nel 2000 aveva sostenuto Wade) possiede un quotidiano e una stazione televisiva. I suoi avversari dicono che è inadeguato al ruolo di presidente, data la sua scarsa cultura e la sua nessuna esperienza politica. Dopo le decisioni della Corte costituzionale, in diversi centri del paese sono scoppiate violente proteste, che hanno causato almeno un morto: il provvedimento più contestato è stato quello che permetterà a Wade di candidarsi di nuovo.
Negli ultimi anni Wade aveva reso evidente la volontà di passare il potere a suo figlio Karim, a cui sono stati assegnati importanti incarichi di governo, tra cui il ministero dell’energia. Negli ambienti diplomatici è conosciuto come “signor 15 per cento”, dalla percentuale che chiederebbe come tangente per gli appalti e gli accordi economici che passano attraverso di lui.
Amadou Bamba
Un articolo di Foreign Policy spiega che, per comprendere come funzionino davvero le strutture del potere nel paese, bisogna considerare l’enorme influenza che ha tuttora in Senegal il pensiero di un leader religioso completamente sconosciuto nel resto del mondo, Amadou Bamba, morto nel 1927 e fondatore della fratellanza sufi chiamata Murīdiyya in arabo. Ancora oggi, in tutto il paese gli uomini che si riconoscono nella fratellanza si ritrovano due volte la settimana per cantare i suoi poemi devozionali.
Amadou Bamba era un asceta e mistico islamico, nato nel 1853, che si oppose alla dominazione francese proponendo metodi non violenti. Fondò la confraternita della Murīdiyya (il nome viene dal termine arabo per “colui che desidera”) a trent’anni, e il suo movimento crebbe rapidamente. Oggi vi si riconoscono circa un terzo dei 13 milioni di abitanti del Senegal ed è probabilmente la confraternita più potente tra le quattro in cui si divide quasi tutta la popolazione del paese (che è musulmana per circa il 94 per cento). Sia Wade che N’Dour sono muridi.
Il movimento ha la sua sede nella città santa di Touba, fondata da Bamba nel 1887 nel Senegal centrale, dove si trova la sua tomba e una grande moschea: da un paesino di poche migliaia di abitanti negli anni Sessanta è cresciuta fino ad essere oggi la seconda città del paese, con una popolazione di circa 800mila abitanti. A Touba vive il Grande Marabutto o Califfo Generale (marabutto è il nome con cui vengono designati i leader religiosi nel Nordafrica), una carica che passa ai discendenti anagrafici e spirituali di Bamba dalla morte del fondatore.
Il ruolo dei marabutti della confraternita dei muridi, come delle altre confraternite sufi senegalesi, è sia spirituale che politico: dalle reti di conoscenze e legami che riescono a sviluppare dipende la loro capacità dei loro diretti seguaci di trovare lavoro o di farsi strada in politica. Il peso della città santa dei muridi è tanto forte che ha caratteristiche amministrative che ne assicurano l’autogoverno, l’assenza di scuole pubbliche, il divieto della vendita di alcolici e tabacco. Nel passato recente, scrive Foreign Policy, i leader spirituali di Touba hanno dato il loro appoggio a Wade, ma per l’elezione di quest’anno il portavoce del Califfo Generale aveva detto inizialmente che non ci sarebbero state indicazioni, dato che “Touba non ha un candidato alle presidenziali del 2012”. Poi si è corretto, e ha rilasciato questa dichiarazione sibillina: “Coloro che regnano con il terrore periranno nel terrore”.