Jack Kevorkian, il “dottor Morte”
La storia del medico statunitense morto oggi a 83 anni, che aiutò a morire più di cento persone
Questa mattina è morto in una stanza del Beaumont Hospital di Royal Oak, vicino a Detroit, Jack Kevorkian, celebre per le sue lotte a favore del suicidio assistito e per aver personalmente aiutato numerosi pazienti a morire. La sua vicenda suscitò un ampio dibattito negli Stati Uniti e Kevorkian si guadagnò il soprannome di “dottor Morte”. Lo scorso anno Al Pacino ha impersonato Kevorkian nel film per la televisione You Don’t Know Jack, trasmesso dalla HBO e candidato all’Oscar (in Italia è andato in onda su Sky lo scorso 22 marzo).
Di origini armene, Jacob Kevorkian era nato a Pontiac, nel Michigan, nel 1928. Laureato in medicina nel 1952, presso la University of Michigan Medical School di Ann Arbor, già durante i suoi studi iniziò a interessarsi alle tematiche legate alla morte: propose che agli assassini condannati a morte venisse data la possibilità di essere uccisi sotto anestesia e di rendere il loro corpo disponibile per la sperimentazione medica e il trapianto degli organi.
Molto severo e poco incline ai compromessi, Jack Kevorkian non si sposò mai e visse una vita che il New York Times definisce “indigente”, vestendosi con abiti logori rimediati all’Esercito della Salvezza e mangiando pochissimo. Nel 1976 si trasferì per dodici anni a Long Beach, in California, dove lavorò a un film che non vide mai la luce sul Messiah di Haendel, dipingendo e scrivendo e lavorando saltuariamente in due ospedali vicini per mantenersi.
Il punto di svolta della sua carriera avvenne negli anni Ottanta: nel 1984 fu invitato a presentare ad alcuni parlamentari californiani una proposta per giustiziare i condannati a morte con un procedimento diverso dalla camera a gas e dalla sedia elettrica, in modo che i loro organi non venissero danneggiati e fossero disponibili per i trapianti. Nel 1987 andò in Olanda a studiare le procedure mediche e legali che iniziavano ad essere studiate per l’eutanasia e che avrebbero portato a renderla legale nel 2002. A partire dalla fine degli anni Ottanta, tornato in Michigan, iniziò a farsi pubblicità sui giornali locali come “consigliere medico” per la morte. Informò personalmente i giornalisti delle sue intenzioni e disse che le spese del suicidio assistito sarebbero state interamente a suo carico.
Il procedimento che aveva ideato prevedeva che il paziente esprimesse chiaramente il suo desiderio di morire, che i medici di famiglia e alcuni psichiatri venissero consultati sul singolo caso e che l’intero percorso durasse per lo meno un mese. Kevorkian registrava interviste con i pazienti e anche il momento del suicidio.
Tra il giugno del 1990 e il marzo 1999, aiutò pubblicamente a morire più di cento malati terminali, sfidando ostinatamente giudici e autorità e facendo pubblicità al proprio operato fino a diventare una celebrità nazionale. Per circa vent’anni i giornali e i maggiori programmi televisivi statunitensi diedero periodicamente grande spazio alle sue vicende. I suicidi assistiti avvenivano a volte con l’ausilio di macchine costruite dallo stesso Kevorkian: era il paziente a spingere il bottone che rilasciava un gas letale in una mascherina o iniettava una soluzione nelle vene. Kevorkian aveva dato personalmente alle macchine nomi come “Thanatron” (dal vocabolo greco per “morte”) o “Mercitron” (da mercy, inglese per “misericordia”).
Già nel 1991 lo stato del Michigan revocò la licenza a Jack Kevorkian per esercitare la professione medica, anche se dopo il primo suicidio da lui assistito, nell’anno precedente, l’inchiesta che venne aperta contro Kevorkian finì nel nulla, perché la legislazione dello stato non prevedeva il reato di suicidio. Iniziò comunque una lunga battaglia legale da parte del governo del Michigan, con esiti alterni nelle aule dei tribunali. Nessuno dei numerosi arresti e processi a cui andò incontro Kevorkian sembrò fargli cambiare idea, ad ogni modo, e lui continuò ad assistere pazienti che intendevano morire anche poche ore dopo essere stato rilasciato dalla prigione per una eutanasia precedente. La American Medical Association lo definì nel 1995 “un temerario strumento di morte” che “costituisce una grave minaccia per la collettività”, e i rapporti di Kevorkian con la categoria dei medici non erano facilitati dall’abitudine di chiamare i suoi detrattori con epiteti come “stupidi ipocriti”. Tra il 1994 e il 1997 tre processi si conclusero con una assoluzione e uno venne annullato.
Le battaglie di Kevorkian ebbero diverse conseguenze mediche e legali: molti commentatori sono concordi nell’attribuirgli un’influenza sul grandissimo aumento delle cure destinate ad alleviare le sofferenze dei malati terminali. Nel 1997 lo stato dell’Oregon introdusse per primo un provvedimento che rendeva legale per i medici la prescrizione di sostanze letali per aiutare i pazienti malati terminali a morire, e nel 2006 la Corte Suprema degli Stati Uniti confermò la validità del Death With Dignity Act.
Ma in quell’anno, Kevorkian era in prigione: il 26 marzo del 1999, dopo un processo durato meno di due giorni, una giuria del Michigan lo aveva ritenuto colpevole di omicidio di secondo grado per la morte di Thomas Youk, un malato di sclerosi laterale amiotrofica. Kevorkian aveva mandato il video del suicidio alla popolare trasmissione televisiva 60 minutes della CBS. Nel processo, aveva rifiutato l’assistenza del suo avvocato di fiducia, Geoffrey Fieger, e aveva deciso di difendersi da solo. Venne rilasciato solo il primo giugno 2007, dopo aver assicurato le autorità che non avrebbe più assistito alcun paziente in un suicidio.
foto: Bill Pugliano/Getty Images