La riforma della Giustizia in dieci punti
Cosa c'è e cosa non c'è nella legge approvata oggi dal Consiglio dei ministri
Questa mattina il Consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità un disegno di legge costituzionale di riforma della giustizia proposto dal ministro Alfano. È la riforma di cui si parla da giorni e che ieri era stata sottoposta al presidente della Repubblica. Non sono ancora chiari i tempi e i modi dei passaggi parlamentari della riforma, il cui testo integrale può essere letto qui. Di seguito, invece, un riassunto in dieci punti delle modifiche apportate dalla legge all’ordinamento giudiziario.
Separazione delle carriere
È l’architrave della riforma, la norma che a cascata determina il grosso dei cambiamenti apportati dal disegno di legge. Si stabilisce, in sostanza, la creazione di due concorsi separati per l’accesso alle professioni di giudice e pubblico ministero: all’inizio della loro carriera i magistrati dovranno decidere quale delle due strade percorrere. Il pubblico ministero, che riveste il ruolo della pubblica accusa, viene più o meno equiparato all’avvocato della difesa. Il giudice, invece, sarà membro di un “ordine autonomo e indipendente da ogni potere”, soggetto “soltanto alla legge”. Da questa norma discende la separazione del CSM, l’organo di autogoverno della magistratura.
Il CSM dei giudici
Il CSM dei giudici sarà presieduto dal presidente della Repubblica, che ne è membro di diritto. Anche il primo presidente della Corte di Cassazione ne è membro di diritto. Gli altri componenti per metà sono eletti da tutti i giudici ordinari su un gruppo sorteggiato di giudici eleggibili, i cosiddetti membri togati, e per l’altra metà eletti dal Parlamento riunito in seduta comune tra i professori ordinari di università di materie giuridiche e gli avvocati con almeno quindici anni di esercizio, i cosiddetti membri laici. Il vicepresidente del CSM sarà scelto tra i membri laici. I consiglieri non possono essere rieletti e il loro mandato dura quattro anni.
Il CSM dei pubblici ministeri
Il CSM dei pm sarà presieduto dal presidente della Repubblica, che ne è membro di diritto. Anche il procuratore generale della Cassazione ne è membro di diritto. Gli altri componenti sono eletti per metà da tutti i pubblici ministeri previo sorteggio degli eleggibili, i membri togati, e per metà dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno 15 anni di esercizio. Come sopra, il Consiglio elegge un vicepresidente tra i componenti laici, i suoi membri restano in carica quattro anni e non sono rieleggibili. Finché sono in carica, non possono essere iscritti agli ordini professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale, provinciale o comunale.
Cosa fanno i CSM
Il compito dei CSM, sia di quello dei giudici che di quello dei pubblici ministeri, è regolare le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti e le promozioni nei riguardi dei giudici ordinari e dei pubblici ministeri, così come previsto dall’articolo 105 della Costituzione. A differenza del passato, però, la riforma stabilisce esplicitamente che i CSM “non possono adottare atti di indirizzo politico, né esercitare funzioni diverse da quelle previste nella Costituzione”.
L’alta corte di giustizia
Oggi i magistrati sono giudicati dalla sezione disciplinare del CSM. La riforma invece stabilisce che questi siano giudicati da un organo a parte, l’alta corte di giustizia, anche questo diviso in due: una sezione per i giudici e una per i pubblici ministeri, ognuno con metà membri togati e metà membri laici, non rieleggibili e con un mandato di quattro anni. Sia il presidente che il vicepresidente saranno eletti dai membri laici.
La responsabilità civile dei magistrati
Allo stato attuale, il cittadino che lamenta di aver subito un trattamento indebito da parte di una procura, soprattutto nei casi di presunta ingiusta detenzione, può fare causa allo Stato e non al singolo magistrato. Secondo la riforma, invece, “i magistrati sono direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione dei diritti, al pari degli altri funzionari e dipendenti dello Stato”.
Uso della polizia giudiziaria
L’articolo 109 della Costituzione stabilisce oggi che “l’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria”. La riforma stabilisce invece che “il giudice e il pubblico ministero dispongono della polizia giudiziaria secondo le modalità stabilite dalla legge”, rimandando quindi a una legge ordinaria ulteriori chiarificazioni e limitazioni.
L’obbligatorietà dell’azione penale
L’articolo 112 della Costituzione stabilisce oggi che “il pm ha l’obbligo di esercitare l’azione penale”. La riforma inserisce un passaggio – “secondo i criteri stabiliti dalla legge” – e rimanda quindi a una legge ordinaria la definizione di questi criteri di priorità.
Inappellabilità delle assoluzioni
La riforma stabilisce che si può sempre ricorrere in appello in caso di condanna, “salvo che la legge disponga diversamente in relazione alla natura del reato, delle pene e della decisione”. Le sentenze di proscioglimento, invece, “sono appellabili soltanto nei casi previsti dalla legge”. Anche qui si rimanda a una legge ordinaria che chiarirà in che casi il pubblico ministero potrà ricorrere in appello contro un’assoluzione e in quali no.
La riforma non è retroattiva
Lo stabilisce l’ultima parte della riforma, testualmente: “I principi contenuti nella presente legge costituzionale non si applicano ai procedimenti penali in corso alla data della sua entrata in vigore”.
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