Haiti, un anno dopo
A un anno dal terremoto in cui morirono quasi 250mila persone, la situazione è ancora un disastro
A un anno dal devastante terremoto che causò la morte di quasi 250mila persone la situazione ad Haiti è ancora disastrosa. La ricostruzione stenta a decollare e circa un milione e mezzo di abitanti vive ancora all’interno di tende e ripari improvvisati. Il colera continua ogni giorno a fare nuove vittime – più di tremila da ottobre – e il caos seguito alle elezioni presidenziali ha di fatto lasciato il paese nel vuoto politico più totale.
Il fallimento della ricostruzione dipende in parte dall’incapacità di investire in modo adeguato i miliardi di dollari di aiuti che sono arrivati e in parte dalla totale mancanza di coordinamento tra il governo e le migliaia di organizzazioni non governative presenti sull’isola, che negli ultimi mesi ha portato spesso a definire Haiti “La Repubblica delle ONG”. «La comunità internazionale non ha fatto abbastanza per garantire una gestione efficace dell’emergenza» si legge in uno degli ultimi rapporti pubblicati da Oxfam «le ONG continuano a bypassare le autorità locali e nazionali nell’assistenza, mentre i donatori internazionali non coordinano le loro azioni e non si consultano adeguatamente con la popolazione locale».
Meno del cinque percento delle macerie lasciate dal terremoto sono state ripulite. E capita spesso che scavando per fare posto a nuove improvvisate costruzioni o rifugi spuntino ancora i resti di cadaveri che non erano mai stati disseppelliti. L’UNICEF aveva pianificato la ricostruzione di duecento scuole in un anno ma finora è riuscita ad aprirne solo ottantotto. Le donazioni dei privati arrivate dagli Stati Uniti sono state in totale di oltre 1,4 miliardi di dollari, ma finora soltanto il 38 percento è stato impiegato per la ricostruzione. Ancora peggio è andata poi con i fondi che erano stati promessi dai vari governi internazionali. Secondo le Nazioni Unite dei 5,3 miliardi di dollari annunciati finora ne sarebbero arrivati soltanto 824 milioni.
La situazione si è poi complicata a causa dell’enorme instabilità politica seguita alle elezioni del 28 novembre. Pochi giorni fa la commissione elettorale ha comunicato che il ballottaggio previsto per il 16 gennaio sarà spostato a fine febbraio perché c’è bisogno di più tempo per controllare i risultati ufficiali. Al momento i due candidati passati ufficialmente al ballottaggio sono la ex first lady Mirlande Manigat e Jude Celestin, il candidato sostenuto dal partito al governo. Ma migliaia di persone stanno contestando da settimane i risultati, denunciando brogli e corruzione e chiedendo di ammettere al ballottaggio Micheal Martelly, un cantante molto popolare ad Haiti conosciuto con il nome di Sweet Mickey, al posto di Jude Celestin. Secondo gli ultimi aggiornamenti, l’Organizzazione degli Stati Americani dovrebbe annunciare a breve i risultati di un rapporto in cui chiederà ufficialmente di ammettere Martelly al posto di Celestin.