Corriere della Sera, lo scontro sul futuro
Ecco perché il giornale e il sito scioperano contro i cambiamenti richiesti dal direttore
Oggi e domani il Corriere della Sera non è in edicola e Corriere.it non viene aggiornato, a causa dello sciopero indetto dai giornalisti della testata. Le loro ragioni sono esposte in un comunicato firmato dal Comitato di Redazione, l’organo eletto dall’assemblea dei giornalisti che li rappresenta nelle relazioni con la direzione e con la proprietà del giornale.
L’assemblea dei giornalisti ha votato due giorni di sciopero immediato e ha consegnato al Comitato di Redazione un pacchetto di ulteriori cinque giorni per rispondere all’attacco che il Direttore ha mosso contro le tutele e le regole che garantiscono la libertà del loro lavoro e, di conseguenza, l’indipendenza dell’informazione che il giornale fornisce. Invitati a un tavolo di trattativa sulla multimedialità, i componenti del Cdr non hanno trovato nemmeno un inizio di confronto, ma soltanto una lettera nella quale il Direttore sanciva, fra l’altro, che «l’insieme degli accordi aziendali e delle prassi che hanno fin qui regolato i nostri rapporti sindacali non hanno più senso».
La lettera del direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli, è pubblica ed è anch’essa disponibile sul sito del Corriere della Sera. È una lettura interessante e istruttiva, perché racconta una realtà tutt’altro che limitata alla redazione del Correre e che si può tranquillamente estendere quasi alla totalità delle testate giornalistiche cartacee italiane.
In questi mesi abbiamo compiuto significativi passi avanti nell’arricchire la nostra informazione, non solo sulla carta, ma anche e in particolar modo sul web. Sono state lanciate nuove iniziative. Edizioni del giornale sono disponibili, per la prima volta anche a pagamento, su Iphone e smartphone. A due mesi dal lancio degli abbonamenti al giornale su Ipad, abbiamo già toccato la soglia delle settemila adesioni, la metà delle quali per un periodo di sei mesi o un anno. Gli streaming di Corriere tv sono ormai largamente superiori a molti, e importanti, canali televisivi. L’industria alla quale apparteniamo e la nostra professione stanno cambiando con velocità impressionante. In profondità. Di fronte a rivolgimenti epocali di questa natura, l’insieme degli accordi aziendali e delle prassi che hanno fin qui regolato i nostri rapporti sindacali non ha più senso. Questo ormai anacronistico impianto di regole, pensato nell’era del piombo e nella preistoria della prima repubblica, prima o poi cadrà. Con fragore e conseguenze imprevedibili sulle nostre ignare teste.
Non è più accettabile che parte della redazione non lavori per il web o che si pretenda per questo una speciale remunerazione. Non è più accettabile che perduri la norma che prevede il consenso dell’interessato a ogni spostamento, a parità di mansione. Prima vengono le esigenze del giornale poi le pur legittime aspirazioni dei giornalisti. Non è più accettabile che i colleghi delle testate locali non possano scrivere per l’edizione nazionale, mentre lo possono tranquillamente fare professionisti con contratti magari per giornali concorrenti. Non è più accettabile l’atteggiamento, di sufficienza e sospetto, con cui parte della redazione ha accolto l’affermazione e il successo della web tv. Non è più accettabile, e nemmeno possibile, che l’edizione Ipad non preveda il contributo di alcun giornalista professionista dell’edizione cartacea del Corriere della Sera. Non è più accettabile la riluttanza con la quale si accolgono programmi di formazione alle nuove tecnologie. Non è più accettabile, anzi è preoccupante, il muro che è stato eretto nei confronti del coinvolgimento di giovani colleghi. Non è più accettabile una visione così gretta e corporativa di una professione che ogni giorno fa le pulci, e giustamente, alle inefficienze e alle inadeguatezze di tutto il resto del mondo dell’impresa e del lavoro.
Può essere utile qualche spiegazione, per chiarire un po’ come funzionano le redazioni e i giornali in Italia. La redazione di un giornale è suddivisa in altre redazioni più piccole e “tematiche”, i servizi: gli esteri, la politica, la cronaca, lo sport, gli spettacoli, eccetera. Uno di questi servizi è l’online, cioè i giornalisti che lavorano al sito internet: è una divisione anomala, in quanto l’unica basata sul mezzo utilizzato e non sul contenuto, e qualche giornale la sta già superando: negli Stati Uniti i giornalisti si muovono più abitualmente su entrambi i formati. La direzione verso cui si va è quella per cui un gruppo di giornalisti si occupa in prima persona della gestione del sito internet ma tutti i giornalisti della testata vi collaborano, in modo trasversale rispetto ai servizi in cui lavorano.
Questa transizione non è sempre indolore: il lavoro al giornale di carta è un lavoro completamente diverso dal lavoro sul giornale online. Il primo è fatto di ritmi cadenzati, di tempo a disposizione per realizzare lunghe interviste e inchieste e di giornate concluse a volte senza aver scritto un solo articolo. Il secondo è fatto di ritmi forsennati, di velocità, di impegni che non riguardano solo la scrittura e l’indagine giornalistica classica (la ricerca delle fotografie, l’inserimento dei link, la confezione degli articoli), di scrittura di decine di articoli al giorno, spesso limitandosi a rimontare e pubblicare quanto diffuso dalle agenzie di stampa. Da qui, quindi, la richiesta di gran parte dei giornalisti su carta di ricevere remunerazioni speciali per un lavoro ritenuto da alcuni degradante e da altri semplicemente più impegnativo come quello svolto su internet.
L’altra questione che richiede qualche spiegazione è quella della norma informale che prevede che ogni spostamento di giornalista da un servizio a un altro, dalla cronaca alla politica, dallo sport agli spettacoli, debba prevedere il consenso dell’interessato, anche a parità di mansione. Anche questa è una realtà comune alla maggioranza delle testate giornalistiche cartacee italiane: non basta che il direttore ritenga opportuno spostare un giornalista da un servizio all’altro: per rafforzare il servizio, per ragioni editoriali. Serve che il giornalista sia d’accordo con lo spostamento, in modo da evitare situazioni di scontento e rischi di prepotenze, e coinvolgere i giornalisti nelle decisioni su come destinare e utilizzare le professionalità della redazione. Questo genera però un notevole Risiko, come si può immaginare: consolida rendite di posizione nei servizi più prestigiosi, rende complicato l’investimento su servizi che necessitano di un rafforzamento rispetto al passato – come appunto l’online – e l’inserimento e la valorizzazione dei giornalisti più giovani.
Il più delle volte la faccenda si risolve con una soluzione di rozza efficacia: ogni spostamento viene accompagnato a una promozione, vice capo servizio, capo servizio, capo redattore, eccetera. Altre volte non si risolve, e l’organizzazione efficace del lavoro in redazione risente quindi di questa situazione. Il resto della lettera di De Bortoli non necessita di altre spiegazioni.
Il CdR del Corriere della Sera ha giudicato la lettera di De Bortoli un “attacco mosso contro le tutele e le regole che garantiscono la libertà del loro lavoro e, di conseguenza, l’indipendenza dell’informazione” del giornale.
La lettera elencava già i risultati che una pseudo-negoziazione avrebbe dovuto raggiungere e si chiudeva intimando che «se non ci sarà accordo, i patti integrativi verranno denunciati, con il mio assenso». Tale approccio è in aperto e ingiustificato contrasto con il senso di responsabilità mostrato dalla Redazione nella gestione dello «stato di crisi» e nell’introduzione di tutte le iniziative editoriali proposte da questa direzione in due anni. L’Assemblea dei giornalisti auspica e chiede da tempo di conoscere le linee strategiche e i piani di sviluppo che Azienda e Direzione intendono attuare tenendo conto sia delle nuove tecnologie a disposizione, sia della qualità, dell’accuratezza e dell’indipendenza dell’informazione. Nulla di tutto ciò ci è mai stato presentato. La battaglia che i redattori del Corriere hanno intrapreso vuole riportare il giornale al suo ruolo leader attraverso un’informazione libera e autorevole che non può prescindere dalle garanzie per ciascun giornalista. Chi scrive deve poterlo fare senza pressioni, minacce, ricatti. Questo è l’impegno che offriamo ai lettori. Il Cdr e i giornalisti del Corriere della Sera chiedono che il Direttore riveda una posizione pregiudiziale che per la Redazione è irricevibile e torni a un confronto rispettoso dei rapporti sindacali.
Vero è che si scontrano, in mezzo a posizioni e richieste equilibrate che ci sono da ambo le parti, anche una sempre più invadente priorità commerciale da parte degli editori che nel tagliare e riconvertire spesso trascurano la qualità di quello che fanno, e una radicata ignoranza e diffidenza da parte di molti giornalisti nei confronti del cambiamento. Che è straordinario, e non può che portare a scontri come questo.