La guerra tra Le Monde e Sarkozy in quattro punti
Il quotidiano accusa il presidente francese di aver chiesto ai servizi segreti di indagare su una loro fonte
La storia recente della guerra tra Nicolas Sarkozy e Le Monde comincia da lontano: più o meno da quando la stampa francese ha iniziato a occuparsi del cosiddetto affare Bettencourt, l’inchiesta sulle frodi fiscali e sui finanziamenti illeciti che l’ereditiera di L’Oréal avrebbe elargito al partito del presidente francese in occasione delle ultime elezioni politiche.
L’inchiesta giornalistica si è allargata settimana dopo settimana, anche grazie a una serie di testimonianze fornite ai giornali in forma anonima da varie persone vicine a Sarkozy. A seguito di una di queste, sostiene Le Monde, il presidente francese avrebbe dato mandato ai servizi segreti di scoprire la provenienza delle indiscrezioni e individuare le fonti dei giornalisti di Le Monde. Che ha presentato una denuncia contro ignoti per “violazione della segretezza delle fonti”, protetta della legge per la libertà di stampa.
Ora, la questione è complessa. Non sorprende che l’amministrazione di Sarkozy voglia impedire le fughe di notizie dall’interno e soprattutto da parte di funzionari del governo, teoricamente sottoposti al segreto professionale. Le condizioni in cui sarebbe stato dato mandato di indagare sulle fonti delle notizie sono però anomale, e Le Monde chiarisce i termini della questione in quattro punti:
Cosa dice la legge sulla protezione delle fonti?
Una legge francese del 2010, promulgata dallo stesso Sarkozy, stabilisce che «è vietato attentare direttamente o indirettamente alla segretezza delle fonti d’informazione a meno che non lo giustifichino casi eccezionali di interesse pubblico. È considerato un attentato indiretto alla segretezza delle fonti il fatto di cercare di scoprire le fonti di un giornalista attraverso investigazioni riguardanti le persone che, in ragione delle loro relazioni abituali con un giornalista, possano essere in possesso informazioni che permettano di identificare quelle fonti».
Contrariamente a quanto dispone la legge, i servizi segreti sarebbero stati utilizzati per scoprire la fonte di un giornalista di Le Monde: l’ha ammesso lo stesso Bernard Squarcini, direttore della Direction Centrale du Renseignement Intérieur (il ramo dei servizi segreti francesi coinvolto nel caso). L’indagine condotta dai servizi può quindi essere considerata come un attentato alla segretezza delle fonti protetta dalla legge – anche se la legge non prevede sanzioni per i trasgressori.
I servizi segreti avevano il diritto di condurre quelle indagini?
Sembrerebbe di no: la Drci, secondo il decreto che la istituisce, avrebbe esclusivamente il compito di monitorare attività «ispirate o condotte da potenze o da organizzazioni straniere volte a minacciare la sicurezza del paese», dovrebbe «sorvegliare su individui, gruppi, organizzazioni suscettibili per il loro carattere radicale, la loro ispirazione o le loro modalità d’azione, di attentare alla sicurezza del paese», dovrebbe infine «contribuire alla sorveglianza delle comunicazioni informatiche e radioelettriche che potrebbero potenzialmente attentare alla sicurezza dello Stato».
La difesa della polizia
Il direttore generale della polizia, da cui dipende la Dcri, ha giustificato l’intervento dei servizi spiegando che questi hanno agito «nel contesto della loro missione di protezione delle istituzioni». La polizia si difende dicendo che la ricerca dei suoi servizi è legittima, in quanto volta a scoprire chi dei funzionari governativi stava violando il segreto professionale e quali informazioni stava divulgando.
La Procura di Parigi è stata informata in ritardo
Dopo le indagini della Drci, il direttore generale della polizia sostiene di aver informato la procura di Parigi dei sospetti a carico dell’alto funzionario. Martedì 14 settembre, il procuratore di Parigi ha dichiarato di non essere stato informato dell’inchiesta fino al 7 settembre, e di aver immediatamente redatto una nota in cui sosteneva che «in attesa di decidere quale quadro giuridico assegneremo a queste indagini», la Drci avrebbe dovuto interrompere la raccolta di informazioni. «Ho scritto alla Drci il 10 settembre per domandare quali fossero le verifiche in corso. Aspetto ancora la risposta».