È rimasto in giro un bavaglio
Nel testo della legge sulle intercettazioni è rimasto l'obbligo di rettifica per i blog, con i suoi termini sproporzionati
Del passo indietro del governo sulle intercettazioni si sono dette due cose, finora. La prima è che farà sì che la legge non abbia grandi conseguenze sulla pubblicazione dei testi delle intercettazioni sui giornali. La seconda è che invece lascia invariate le regole previste sull’utilizzo delle intercettazioni da parte della magistratura nel corso delle indagini, mantenendo quindi intatte le perplessità che i critici della legge nutrivano su quel fronte. Ci sarebbe però una terza cosa, e molte persone in rete lo hanno fatto notare nelle ultime ore.
Nonostante l’emendamento del governo, infatti, nel testo di legge è rimasta la contestata norma sull’obbligo di rettifica per i blog. Il comma 29 dell’art. 1 prevede che la disciplina in materia di obbligo di rettifica prevista nella vecchia legge sulla stampa del 1948 si applichi d’ora in poi anche ai “i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica”. Con l’entrata in vigore della legge, quindi, i blogger dovranno provvedere a dar corso a ogni richiesta di rettifica ricevuta entro 48 ore: in caso contrario, rischiano di ricevere una sanzione fino a 12.500 euro.
Nelle ultime settimane in molti si erano agitati per la proposta. Il Partito Democratico aveva lanciato una campagna dal nome “Nessuno tocchi i blog” per fare pressioni perché il governo modificasse la norma. Il deputato del PdL Roberto Cassinelli aveva presentato di un emendamento volto a disinnescarne gli effetti, un’altra proposta di modifica era arrivata da parte del parlamentare del PD Roberto Zaccaria. Solo che il testo della legge è blindato e il presidente della commissione giustizia Giulia Bongiorno ha definito gli emendamenti “inammissibili”, respingendoli: la norma è ancora lì.
Intuitivamente e a una riflessione frettolosa la misura può suonare sensata per qualcuno. Ma il suo aspetto particolarmente problematico non è tanto l’istituzione dell’obbligo di rettifica per i blog, che può essere anzi un utile strumento per incentivare assunzioni di responsabilità sulle cose che si scrivono e fare da deterrente alla produzione di contenuti smaccatamente calunniosi. Quelli che sono del tutto sproporzionati sono la pretesa di passare da un eccesso all’altro – da liberi tutti all’equiparazione di un blog a una grande impresa editoriale – e i termini di applicazione della legge: la scadenza entro il quale pubblicare la rettifica e la sanzione applicata in caso di mancata pubblicazione. Lo spiega Alessandro Gilioli sull’Espresso.
Obbligare i blogger a rettificare entro 48 ore significa chiudere la rete o quasi: prima di tutto perché se c’è l’obbligo di rettifica, il blogger dovrà registrarsi a qualche autorità (ancora non si sa quale) con un domicilio legale, insomma andrà incontro a tutti gli obblighi burocratici previsti per la stampa. E se c’è nel mondo una forma di comunicazione libera da lacciuoli e da scartoffie da firmare, questa è (o era) quella dei blog.
In secondo luogo perché obbligare alla rettifica entro 48 ore significa di fatto obbligare ogni blogger a collegarsi alla Rete tutti i giorni, sennò si becca una multa (oltre 12 mila euro) insostenibile per chi fa informazione volontaria. Chi non si connette al web, infatti, rischia di non sapere che c’è una richiesta di rettifica e quindi di “violare” la legge che gli impone un tempo massimo per 48 ore (il termine di due giorni era stato pensato per i quotidiani).
Prima che arrivasse l’accordo sulle intercettazioni, anche nel centrodestra non erano mancate le voci critiche nei confronti della norma. Ora che la legge è stata ammorbidita e l’accordo è stato blindato, le voci sono scomparse e gli stessi finiani – che più volte avevano parlato dell’importanza della libertà su internet – non sembrano intenzionati a prendere dei provvedimenti. Anche la stampa – come nota Massimo Mantellini – che era stata sostenuta dai blogger durante i giorni della protesta contro i contenuti della legge, ora che ha portato a casa il risultato che la riguarda non sembra dedicare la stessa attenzione nei confronti della norma sui blog, salvo qualche eccezione (Anna Masera della Stampa, per esempio).
Oggi alcuni blogger hanno diffuso una lettera aperta che chiede di rimuovere la norma sui blog e sarà inviata nei prossimi giorni al presidente della camera Gianfranco Fini, alla presidente della commissione giustizia Giulia Bongiorno e a tutti i deputati. La lettera può essere sottoscritta qui.
La decisione con la quale, lo scorso 21 luglio, il Presidente della Commissione Giustizia della Camera, On. Giulia Bongiorno, ha dichiarato inammissibili gli emendamenti presentati dall’On. Roberto Cassinelli (PDL) e dall’On. Roberto Zaccaria (PD) al comma 29 dell’art. 1 del c.d. ddl intercettazioni costituisce l’atto finale di uno dei più gravi – consapevole o inconsapevole che sia – attentati alla libertà di informazione in Rete sin qui consumati nel Palazzo.
[…] Tra i tanti primati negativi che l’Italia si avvia a conquistare, grazie al disegno di legge, sul versante della libertà di informazione, la scelta dell’On. Bongiorno rischia di aggiungerne uno ulteriore: stiamo per diventare il primo e l’unico Paese al mondo nel quale un blogger rischia più di un giornalista ma ha meno libertà.